18/01/2022
Continuiamo il nostro viaggio nei mestieri d’arte accompagnati da due guide d’eccezione
Romualdo Pettorino è Coordinatore CNA Campania Settore Orafo
Gustavo Renna è Maestro Orafo
Nell’ambito dell’articolato mondo del Made in Italy la Campania vanta un ruolo primario in diversi settori tra i quali quello della gioielleria, una delle arti più prolifiche della nostra Regione.
L’arte orafa si sviluppò maggiormente nel Borgo Orefici, venne regolamentata ed ebbe il suo riconoscimento ufficiale, grazie alla Regina Giovanna D’Angiò nel 1415. Attualmente questa realtà, insieme al Consorzio del Tarì e quello di Oromare costituisce il comparto più grande d’Europa.
Le sue origini in Campania però sono lontanissime, partendo dall’epoca dei Greci e dei Romani quando la nostra Regione veniva scelta dalle classi dominanti per le sue favorevoli condizioni climatiche e naturalistiche.
Basti pensare ai ritrovamenti archeologici di gioielli nei siti di Ercolano, Pompei, Oplonti, Cuma, Paestum, molti dei quali influenzano ancora gli artisti e stilisti di tutto il mondo.
Un altro picco dell’arte orafa campana, che da sola giustificherebbe un grande interesse per gli artigiani del nostro territorio è il Tesoro di S. Gennaro: un patrimonio di inestimabile ricchezza e maestria realizzato per la maggior parte dagli artigiani napoletani, per lo più del Borgo Orefici, e stimato come uno dei più grandi al mondo, di gran lunga superiore a quello della Corona D’Inghilterra, con l’ulteriore valore aggiunto della proprietà affidata al popolo napoletano attraverso la Deputazione composta dai rappresentanti dei sei sedili cittadini (nella foto sotto la mitra gemmata con 3.694 pietre preziose realizzata dall’orafo Matteo Treglia nel 1713 e la collana creata da Michele Dato nel 1679)
L’arte orafa campana però non è solo storia ma anche una realtà ancora viva grazie a maestri come Gustavo Renna: classe 1962, discende da quattro generazioni di orafi, alcuni dei quali incisori della Reale Casa; inoltre un componente della famiglia, Pietro Renna, fu stretto collaboratore del grande artista Vincenzo Gemito.
Gustavo Renna consegue la qualifica di Maestro d’Arte presso Istituto d’Arte Filippo Palizzi di Napoli e fin dall’inizio della sua attività punta sulle emozioni ispirate dai nostri territori con i temi ricorrenti del mare, delle raffinate architetture della nostra regione e dei suoi preziosi materiali (come le sete di San Leucio e le pietre naturali) ottenendo dei colori esaltanti
Si specializza in varie discipline che spaziano dal disegno all’incisione, dal taglio delle pietre all’incastonatura, perché quando una sensazione si deve trasformare in gioiello nulla può essere d’ostacolo. Basta percorrere le sue creazioni per rendersi conto che ci si trova di fronte a gioielli emozionali, nei quali l’arte prende il sopravvento nell’esecuzione.
Tale è stata la sua passione che, dopo aver studiato ed inventato diverse tecniche, intraprende lo studio di quella più complessa al mondo, la granulazione, per la quale ancora ad oggi non si è riusciti a risalire ad una formula esatta. Gustavo Renna è invece uno dei pochi al mondo ad averla fatta rivivere.
I primi ritrovamenti con tale tecnica, ad oggi, risalgono al 2500 a.C., poi da Creta tramite i Fenici nel VIII sec a.C. attraverso il periodo chiamato “orientalizzazione”, venne introdotta in Italia, ed in Etruria con questo tipo di lavorazione si raggiunsero dei risultati di livello altissimo, come testimoniato dai ritrovamenti di Cerveteri, tomba Regolini-Galassi (oggi Musei Vaticani), oppure quelli del VII sec a. C. di Vetulonia, tomba del Littore (oggi al Museo Archeologico di Firenze), al punto da fare identificare questa tecnica come granulazione etrusca.
(nella foto di copertina un gioiello con elementi della mitologia greca, la Chimera e il Pegaso, realizzato con la tecnica della granulazione proveniente dall’Italia Meridionale; sotto orecchino di lavorazione etrusca decorato per granulazione; entrambi 400-300 a.C.; fonte Wikipedia)
Per comprendere il pregio e la difficoltà di questa tecnica basti pensare che i Romani non riuscirono a farla rivivere e anche nel Rinascimento solo Benvenuto Cellini ci andò molto vicino; a seguire ci è giunta testimonianza della sola famiglia di orafi Castellani, attiva a Roma tra il 1794 al 1930.
Ancora oggi questa tecnica è protagonista di accesi dibattiti ed è avvolta da un’aurea magica di mistero; avere un pezzo tra le mani realizzato con tale tecnica ipnotizza, l’effetto vellutato dei grani di oro lucido ad ogni movimento, cambiando incidenza della luce, crea un effetto simile ad un ologramma, per cui solo le foto e le vetrine solo in parte rendono percepibile questo impatto.
Nel realizzare un oggetto con la granulazione la prima grande difficoltà è la preparazione dei granuli grandi quanto punte di spille all’incirca, sferici e lucenti; la seconda è quella di comporre un disegno senza poterlo disegnare sul supporto in quanto deve andare al fuoco infinite volte; inoltre la lastra di base dove si sviluppa il disegno con le sferette deve essere sottilissima e fatta a mano, in modo da garantire equilibrio al momento della saldatura.
Solo l’amore, l’approfondimento e la tenacia hanno permesso di realizzare degli oggetti con questa tecnica, improponibile per la gran parte degli oggetti realizzati oggi visti i tempi di lavorazione lunghissimi ed estenuanti e la necessità di tornare a strumenti, metodi e tempi di lavorazione di una volta quando le botteghe di arte e artigianato godevano di una considerazione notevolmente maggiore di quella attuale.
Tocca a noi trasferire questo antico mestiere alle future generazioni con tutto il suo carico di fascino e di cultura.