18/01/2022

I mestieri d’arte della Campania – la seta

Per l’ultima puntata del nostro viaggio tra le eccellenze artigianali della nostra Regione abbiamo ci siamo fatti aiutare da Gustavo Ascione, Presidente della Rete San Leucio Textile per valorizzare, tutelandone le specificità, la prestigiosa tradizione serica della Real Colonia borbonica ed il sistema produttivo che ancora oggi ne rinnova l’esperienza.

 

Così è nata la possibilità di avere qui un piccolo contributo di Jolanda Capriglione, Docente dell’Università Vanvitelli e Presidente del Centro Unesco di Caserta

“Nessuna persona di qualunque grado, e condizione che sia, Titolata, o non Titolata, così uomo, come donna, tanto per questa Fedelissima Città, quanto per lo Regno …possa portare drappi di seta forestieri, ma debbano vestirsi con abiti semplici di drappi di seta di questo Regno” (‘Lex sumptuaria’, 1685).

Viene da lontano la storia della seta di San Leucio: nasce quasi un secolo prima dell’impianto delle fabbriche che daranno vita poi agli splendidi tessuti ancora oggi famosi e ricercati in tutto il mondo.

Leggi protezionistiche, che investivano anche i tessuti di lusso, attraversarono tutto il Seicento e sono storicamente all’origine dell’idea esplosa nel Settecento con la nascita di arazzerie, seterie e tante altre fabbriche reali che, invece, il lusso lo promuovevano, lo coltivavano, se ne facevano vanto anche perché, come scrive Carlo Antonio Broggia nell’importante ‘Trattato del lusso, o sia abuso delle ricchezze‘ (1754) “è talvolta divenuto punto essenziale di politica procurare e lasciare che i popoli s’immergano ne’ vizi del lusso, al fine di renderli più domi e di rendere il governo più sicuro …”.

Pochi cenni per capire come sia necessario uscire dal logoro cliché delle seterie ‘capriccio’ di Carolina (bella, colta e lungimirante) organizzato dal Re grazie allo Statuto: San Leucio è, infatti, il risultato di una cultura economica e giuridica che, come si suol dire, veniva da lontano e metteva un punto fermo di grande importanza al secolare dibattito sul ‘valore’ del lavoro industriale e commerciale rispetto al lavoro agricolo. Stiamo parlando, per esempio, dell’influente economista Genovesi secondo il quale “la seta, tra le Arti di lusso, doveva ascriversi tra le produzioni agricole fondamentali allo sviluppo economico di ogni Stato, meritevoli quindi di particolare tutela”, facendo ovviamente riferimento alla coltivazione dei gelsi che ben presto e a lungo arricchirono la piana casertana, ma anche ad altri alberi e arbusti necessari per le tinture dei tessuti.

Stiamo parlando di una storia che ha fortemente inciso sull’idea di lavoro, ma che ha anche avuto un impatto straordinario sulla storia del costume e dell’interior design con percorsi davvero significativi ancora oggi, se è vero che troviamo queste splendide sete al Quirinale come a Montecitorio, alla Casa Bianca come a Buckingham Palace o nelle magioni degli sceicchi del Golfo (nella foto sotto, interni dell’Hotel Ritz di Parigi)

Certamente Carolina e le sue influencer, a cominciare da Emma Hamilton, e poi i suoi consiglieri cosmopoliti ebbero un ruolo di non poco conto sulle decisioni del Re, come notavano e sottolineavano e scrivevano i vari Ministri del Regno, ma, comunque, il forte impegno diretto del sovrano nell’impianto delle fabbriche, per molti versi rivoluzionario dal punto di vista tecnico-manifatturiero, oltreché organizzativo, fece ben sperare a tutti che sarebbero poi venute riforme più ampie (nell’immagine sotto un ritratto di Ferdinando IV)

La Colonia leuciana diventa ben presto una ‘coccola’ che il Re fa a se stesso, se è vero che la sceglie sovente come buen retiro, come scrive in una lettera alla moglie del maggio 1789: “Dunque vado al Belvedere dove, quando ho chiuso il portone, non vedo che quelli che voglio”.

Storia complessa quella di San Leucio che ancora oggi appassiona e coinvolge storici, economisti, storici dell’industria, storici del tessuto, del fashion design e, più complessivamente, del mondo del fashion dietro il quale si ‘nascondono’ competenze complesse e molto articolate.

Qui si producevano e si producono, infatti, tessuti straordinari risultato di una visione lungimirante e cosmopolita dei Borboni che non esitarono a chiamare i migliori tecnici d’Europa, non esitarono a comprare macchinari d’avanguardia perché San Leucio desse i migliori risultati possibili: damaschi, lampassi, broccati per le vesti di chi poteva permetterseli, ma anche per i complementi d’arredo, dalle tende ai cuscini, che possono trasformare una casa in un unicum (nella foto sotto, uno degli antichi telai ancora visibili presso il Museo della Seta del Belvedere di San Leucio, Patrimonio UNESCO dal 1997)

Nei primi decenni dell’Ottocento furono introdotti i telai Jacquard grazie ai quali la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d’oro e d’argento, scialli, fazzoletti, corpetti, merletti … Gli abili tessitori leuciani riuscirono a produrre anche tessuti ‘a marchio’ come, per esempio, i gros de Naples e un tessuto per abbigliamento chiamato Leuceide.

La gamma dei colori, tutti naturali, era di fatto infinita perché utilizzava solo prodotti naturali che, variamente combinati, davano vita a cromìe uniche come verde salice, noce peruviana, orso, orecchio d’orso, palombina, tortorella, pappagallo, canario, Siviglia, acqua del Nilo, fumo di Londra, verde di Prussia o il verdino carciofo molto presente nella vicina Carditello.

L’utopia sociale di San Leucio finì tra l’inizio e la metà dell’Ottocento per gli effetti degli eventi del periodo dalla Restaurazione all’Unità d’Italia, ma non fu intaccato  il patrimonio industriale che passò, invece, nelle mani dei privati che ancora oggi portano avanti con orgoglio il nome di San Leucio come sinonimo di eleganza e altissima qualità.

Tra i presidi di questa tradizione ricordiamo la presenza di un marchio depositato, voluto dalla Rete San Leucio Textile e donato alla Camera di Commercio di Caserta, che garantisce la straordinaria qualità del prodotto presente nelle dimore e nei musei di tutto il mondo: ‘San Leucio Silk’.

Grazie a Jolanda e Gustavo e viva il nostro artigianato!

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associato a Assifero