06/06/2022
“Napoli è passata tra le mani di undici dominazioni in ottocento anni, durante i quali ha subito carestie, epidemie e catastrofi naturali.
Difficilmente è stata amata dai suoi dominatori e ne ha fatto tesoro, forgiandosi nel tempo un’indole capace di trasformare anche il nulla in utile, impareggiabile nel vivere di espedienti e bisognosa di consolarsi con manifestazioni sempre esagerate dello spirito.
E’ in una fase di particolare decadenza, vissuta nella prima metà del XVII secolo, che il temperamento partenopeo agisce una vera rivoluzione socio-gastronomica, “convertendo” il suo corpo popolano da mangiafoglie a mangiamaccheroni.
Un passaggio storico apparentemente di poca importanza che appassiona, però, per la sua forza simbolica, rappresentativa dell’estro e dell’ingegno dell’archetipo napoletano.
E’ il racconto della capacità della fame di leggere la storia e il territorio, in una contingenza socioeconomica molto difficile, alla ricerca del perfetto – perché più redditizio – “equilibrio” tra uomo e ambiente. E’ una storia che dà dignità alla miseria, parla di stenti e di umiliazioni e racconta del genio che nasce dalla necessità. E’ un passaggio di riscatto, un moto di orgoglio di un popolo che risulterà fondamentale nella costruzione dell’identità della gente di Napoli.”
Inizia così l’articolo di Juan Pablo Di Gangi “Il genio della necessità. Una storia della cucina napoletana” pubblicato nel 2007 sul numero 28 di “Porthos”, forse la più rispettata rivista nel complesso mondo del vino italiano, uscita per soli 37 numeri di cui l’ultimo a otto anni di distanza dal precedente, con i suoi fedeli lettori (e abbonati) in rispettosa attesa dell’ultima creatura di Sandro Sangiorgi, personaggio sul quale è preferibile non spendere aggettivi per evitare di apparire retorici
Qui basti dire che quando abbiamo deciso di dedicare uno spazio sul nostro sito a contenuti inediti oppure già pubblicati ma di difficile reperibilità pensavamo proprio a testi come questo, che ci aiutassero a cogliere magari in maniera un po’ disordinata frammenti di quella nostra identità che lascia tracce sparse tra la cultura “alta” e la “bassa cucina”
E a proposito di cucina in questo articolo viene raccontato un passaggio fondamentale, cioè la trasformazione dei napoletani da mangia foglie in mangia maccheroni, attraverso il richiamo a testi letterari ma anche inquadrando il contesto socio-economico con i suoi profondi cambiamenti
Ebbene, oggi grazie ad un comune amico (il nostro “diplomato” Maurizio Paolillo) siamo entrati in contatto con Sandro Sangiorgi che è stato così gentile da rendere l’articolo accessibile a tutti attraverso un semplice click alla lista dei contenuti del già citato numero 28
Ecco il link al contenuto integrale dell’articolo incluse le bellissime immagini
https://porthos.it/wp-content/uploads/2012/12/Cucina_Napoletana.pdf
E per completare il nostro viaggio nella storia della cucina napoletana un altro link con la ricetta della minestra maritata
https://porthos.it/wp-content/uploads/2012/12/Minestra_maritata.pdf
A Sandro grazie ancora di cuore, e a voi buona lettura (e buon appetito!)